| dalle Rime 515 Venendo l’ autore di Bologna in Padova, fu raccolto ne l’ Academia de gli Eterei che si ragunava in casa del signor Scipione Gonzaga, suo particolar signore e protettore: ond’ egli scrisse loro questo sonetto continuando ne la metafora del tasso, arbore del suo cognome, de’ cui frutti gustando l’ api producono il mele amarissimo. Poiché ‘n vostro terren vil tassoalberga dal Ren traslato ond’ empia man lo svelse, là ‘ve par ch’egualmente omai l’ eccelse piante e le basse orrida pioggia asperga; s ‘egli già fu negletta ed umilverga, 5 or, mercé di colui che qui lo scelse fra‘ suoi bei lauri e propria cura felse, tosto avverrà ch’ al ciel pregiato s’ erga. E caldi raggi e fresche aure e rugiade pure n’ attende a maturar possenti 10 e raddolcir l’ amate frutta acerbe: onde il lor succo a l’api schife aggrade, e mel ne stilli che si pregi e serbe poscia in Parnaso a le future genti. | |
| 873 Al signor Antonio Vinci, il “Rintuzzato”. Risposta. Io non contesi, Vinco, or vinca il vero, con Virgilio o con lui che a mano a mano seco il conduce, a cui s’ oppose invano qual altro fu più dolce e lusinghiero, ne co’ due vaghi toschi o col primiero 5 ch’ a le stelle salì nel corpo umano ; ma per servirli spiacqui al volgo insano, al qual sottrarmi forse indarno io spero. Pur , come il caro mele ape ingegnosa sugge or da l’ uno ora da l’altro fiore 10 e poi lo stilla ne’ suoi nidi ascosa, così trassi da lor celeste umore d’ eloquenza divina e gloriosa, degna che tu la gusti e che l’odore. | |